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venerdì 10 ottobre 2008

Per parlare della crisi occorre partire dal capitalismo

di Rino Malinconico
Bisogna evitare due rischi contrapposti quando discutiamo della crisi economica.Il primo è di andar dietro le descrizioni cronachistiche di quanto avvenuto, perdendosi nei vari passaggi, senza far valere la forza del nostro punto di vista, del punto di vista dei comunisti, e cioè le tesi sul plusvalore e l’impostazione critica del materialismo storico, che restano i lasciti più significativi di Marx e dell’insieme del marxismo rivoluzionario del XX secolo. (...)Il secondo rischio, opposto ma ugualmente dannoso negli effetti perché porta facilmente a confondere la realtà coi desideri, è di sovrapporre senza criterio elementi tra loro distinti. Invece di collegare concettualmente i vari piani della realtà sociale –l’economia, la politica, la cultura, il linguaggio, la scienza, l’immaginario, la memoria…- e considerare attentamente le contraddizioni che tendenzialmente originano dal loro intersecarsi, li si presuppone, in modo semplicistico, come ordinati in una unica e univoca direzione. Succede quando si confondono, ad esempio, capitalismo e occidente, le loro rispettive dinamiche storiche, le loro rispettive capacità espansive e le loro rispettive crisi di tenuta. (leggi l'intero intervento)

5 commenti:

Anonimo ha detto...
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movimentazione ha detto...
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Anonimo ha detto...

Antonio Casolaro

Siamo partiti dal capitalismo, abbiamo capito ed abbiamo sottolineato che la crisi di sovrapproduzione accelera la caduta tendenziale del saggio di profitto; lo tsumani globale in atto è quindi diretta conseguenza della richiamata tendenza, dopo di che dobbiamo pure capire e tentare di suggerire possibili vie d’uscita al movimento di classe, al fine di evitare che tutto quello che sta avvenendo e i costi altissimi che da esso dipendono non siano trasferiti a carico dei proletari.

Siamo tutti d’accordo, ed intendo per tali i comunisti, che questa crisi dovrebbe risolversi con la scomparsa del capitalismo, ma non sarà così dal momento che il movimento proletario è del tutto disarmato in termini di direzione, mancando del partito come entità storica riconosciuta, come soggetto di elaborazione di una teoria valida nuova del tutto diversa da quella prodotta dal secolo breve e quindi di una conseguente prassi politica antagonista.

Di qui crediamo che la chiarezza, intesa come controinformazione rispetto a quanto afferma, dice e predispone l’avversario sia un passaggio obbligato, una operazione con la quale i proletari siano messi in grado innanzitutto di rendersi conto dei termini dei problemi presenti.

Fino ad ora i governi di tutto il mondo si stanno muovendo per salvare il sistema bancario. Certo il presidente Berlusconi ha assicurato i correntisti e quindi una larga parte del paese, dal momento che a cominciare dal contanti in busta a fine mese non lo ha quasi più nessuno a parte naturalmente chi lavora in nero come i migranti senza permesso di soggiorno o gli addetti senza alcuna tutela dei tanti e tanti piccoli cantieri edili, delle badanti, degli addetti ai servizi di pulizia di stabili e magazzini, che fino a 103 mila euro c’è piena copertura da parte dello Stato. Questa assicurazione tuttavia è servita ad evitare che le banche fossero prese d’assalto, così come è avvenuto qualche mese fa in Inghilterra in occasione del temuto fallimento della Bradford & Bingley o come avvenne con il default dell’ Argentina nel dicembre del 2001 o ancora come si profilava nella piccola Islanda, i cui progressi economici avevano convinto una larga parte della destra del nostro paese a cominciare dall’attuale Presidente della Camera, il quale l’aveva scelta come esempio da copiare. Ciò ha evitato o che il sistema bancario del paese scomparisse per mancanza di liquidità o che lo Stato dovesse nazionalizzarlo, come in effetti è avvenuto con Gordon Brawn e con l’Islanda.

Diverso è il problema dei possessori di azioni, i quali nel giustificato timore che i loro risparmi (certo nessun medico li aveva consigliati di aderire al gioco di borsa) volatilizzassero per effetto della caduta verticale degli indici delle borse. Qui si tratta di far scomparire interi sistemi industriali dal momento che le vendite azionarie potrebbero azzerare del tutto il valore delle imprese. Di qui l’intervento del “superman” della munnezza come hanno raffigurato ieri 10 ottobre a Napoli il presidente del consiglio, il quale da vero sconsiderato, ha suggerito in conferenza stampa di non vendere le azioni anzi, commettendo un palese reato finanche di aggiotaggio forse, di comprare Enel, Eni ed il giorno prima finanche della propria Mediaset.

Il Presidente tuttofare ha anche aggiunto, continuando in una sorta di delirio, che peraltro denota l’assoluta inconsistenza sul piano della conoscenza dell’economia capitalistica, quella da cui deriva e che persegue, che avrebbe suggerito ai partner del G7 di chiudere i mercati finanziari per una settimana, ricevendo una immediata risposta negativa da parte della Francia e degli Usa. Un assurdo logico dal momento che una tale decisione avrebbe aumentato l’allarmismo già in atto, alimentando il panico e l’aumento delle vendite al riaprire dei mercati.

Una forza comunista alla luce di ciò che sta avvenendo, conscia di non essere in grado ora come ora di progredire in termini di consenso e di disponibilità ad agire a livello di massa deve porsi come obiettivo quello di tentare di evitare nuovi sacrifici nei confronti dei proletari.

Aprire una campagna d’informazione significa uscire innanzitutto dai palazzi e palazzetti dei tanti poteri e quindi regioni, province, comuni ed imporre alle amministrazioni di costituire come sta facendo Action da alcune settimane a Roma ed in altre città i Gruppi di Acquisto Popolare con la vendita per iniziare del pane a 0.70 centesimi al chilo e con la possibilità di estendere tale esperienza a tanti e tanti altri generi. Obbligare per legge ad aumentare i minimi pensionabili a 800 euro al mese comprese le pensioni sociali. Proporre il blocco degli sfratti, introdurre nella prossima finanziaria una serie di disposizioni di legge con i dovuti fondi, fissando pure norme severissime di controllo, di edilizia popolare, di bonifica e risanamento dei territori a cominciare da quelli delle province di Napoli e Caserta. Introdurre il salario minimo garantito sulla base di quello previsto dalla legge d’iniziativa popolare di sinistra critica. Chiedere la nazionalizzazione di Atitech a Napoli – 1200 dipendenti addetti alla manutenzione degli aerei - e di Alicos di Palermo costituito dai 1600 dipendenti dei call center più grandi d’Italia, ambedue esclusi dagli accordi a svendere sottoscritti da cgil,cisl,uil e ugl con Cai e Governo.

Significa costruire la società degli uguali con queste misure ? Manco per sogno. Significa tuttavia capire i problemi dei ceti meno abbienti ed agire, significa costruire risposte politiche diverse e contrapposte a quelle innanzitutto assunte dal cavaliere, ma anche dalla cd opposizione oggi unita in una sorta di unità nazionale per salvare innanzitutto il capitale finanziario.

Significa essere comunisti, ricordando a tutti tanto per cominciare la dicibilità del termine e la presenza militante di essi.

Anonimo ha detto...

Umberto Oreste

Concordo che oggi l'unica soluzione realistica per far andare avanti il sistema mondo è l'uscita dal capitalismo, e concordo anche che, in mancanza di una direzione politica che si assuma a livello planetario il compito di costruire una alternativa concreta e che individui i mezzi di lotta per realizzarla, è molto difficile che il sistema capitalistico fuoriesca dalla storia.
Il problema è che dal momento che come comunisti continuiamo quotidianamente a lottare per una alternativa anticapitalista, non possiamo dire: ci spiace non siamo ancora pronti. E' evidente che il primo compito è la controinformazione sulle cause della crisi, sull'inadeguatezza dei rimedi proposti dai governi, sul pericolo che ancora una volta il proletariato sarà ulteriormente colpito. Ma se ci limitassimo a questo e non dessimo risposte concrete in direzione di
una controffensiva, non saremmo credibili. Dovremmo cioè provare a costruire degli obbiettivi immediati per la nostra via di uscita dalla crisi finanziaria ed economica, credibili e nell'interesse dei lavoratori cioè della maggioranza del paese. Tra questi dovremmo includere: intervenire sul sistema bancario nazionalizzandolo e nel contempo centralizzandolo per poterlo controllare; nel contempo difendere il salario e le pensioni attuando le misure individuate
nella proposta di legge di iniziativa popolare, nazionalizzare i settori dell' energia e delle comunicazioni, investire nella difesa del territorio, nella scuola, nella ricerca; chiudere con le spese militari e le missioni all'estero; dare spazio all'autoorganizzazione dei lavoratori ed ai comitati di difesa dei territori. Tutto ciò non significa certamente avanzare sulla costruzione del socialismo, ma serve per dare consapevolezza alla classe di essere un soggetto politico determinante a livello nazionale.
E' evidente che su ciascun problema dovremmo attrezzarci con la dovuta attenzione con la consapevolezza che non si tratta solo di un esercizio di propaganda ma di un qualcosa che può e deve essere realizzato.
Naturalmente quando parlo di noi indico tutto il movimento politico sociale che nel nostro paese sta cercando di fare opposizione; è indubbio che siamo ancora lontani da convergenze programmatiche ma la strada dell'unificazione nelle lotte ne può essere la premessa.
Una ultima considerazione riguarda il livello geografico del nostro scenario politico; senza tralasciare l'attenzione e la solidarietà con quanto sta maturando di critica al sistema economico sociale liberista in altre parti del mondo, specialmente in america latina, il nostro agire politico non può che essere europeo: i problemi finanziari, economici, sociali sono comuni; qualche volta sembra che gli interessi delle borghesie nazionali divergano, gli interessi dei lavoratori sono gli stessi dai tempi di Marx ad oggi.

Anonimo ha detto...

...bah...ma quanto siete bravi a restare lì a contemplare l'ennesima "crisi ciclica" o "di sistema" del capitalismo...ad esprimere considerazioni tanto filosofiche quanto astratte e lontane da quel proletariato sempre più lontano da voi...che non vi capisce...non vi conosce più...non vuole saperne niente del capitale forte e di quello debole...sa solo che ha investito risparmi in azioni ( si, ebbene si, svegliatevi dal sonno!!! anche il proletariato ha investito piccoli risparmi di una vita di lavoro in azioni!!!), è stato raggirato, truffato e non vuole sentirsi dire che la soluzione è l'uscita dal capitalismo...o addirittura che "...E se poi ci vanno di mezzo milioni di persone concrete, coi loro sogni e le loro paure, ciò è semplicemente normale per un sistema sociale che fa dell’alienazione e dello sfruttamento, vale dire della mortificazione assoluta degli esseri umani, le basi stesse della sua esistenza storica".
Semplicemente normale! Ma vi
sentite soddisfatti nel dire "avevamo ragione"? nel dire "il buon vecchio marx starebbe sogghignando???
i proletari...chi sta peggio, credo abbiano sempre meno bisogno di gente come voi...interessati solo a compiacere il vostro ego di pseudo politici, o pensatori, o filosofi da strapazzo...Ma non vi è bastata la batosta???
spero continuino a non votarvi.
e spero non censuriate questo messaggio.